Il Retrobottega del Coach n°1-2020
accaduto. In quel periodo si è costruito un mondo migliore. Sono stati messi dei semi che hanno portato a un risveglio a livelli diversi della persona. Oggi quei semi sono ancora attivi. C'è un grande richiamo alla spiritualità che trova in quel momento le sue radici». Come è entrato in contatto con la teosofia e in che modo ha influenzato la sua conce- zione? «Ne sentivo l'attrazione, è stato un luogo dove abbeverarmi, dove scambiare, ma era anche un terreno scomodo. L'ho tradotto in un sistema più dialo- gante. La psicosintesi non pre- vede di dover credere in qualco- sa». Intorno al 68, anno simbolo nel mondo, lei, sostenuto dai suoi allievi, ha esportato la psicosintesi in Grecia, India, California, Canada. Che cosa, secondo lei, ha conquistato così tante persone distanti? «Ho fatto il percorso inverso dei guru orientali. Loro hanno trasformato il loro sapere adat- tandolo al linguaggio occidenta- le, io ho esportato il nostro linguaggio, anche in Oriente». Ci sono cose che la rendono molto umana, ma ce le ha raccontate tardi nella sua vita, come il fatto di copiare i compiti da ragazzino. Un'im- magine tenera e un po' scan- zonata. «Mi sono creato uno spazio di autorevolezza perché non reg- gevo l'autorità. La mia vita è stata rocambolesca, ma non narrata». La nostra società narra fin troppo, senza più pudore. Per associazione di idee con il pudore le chiedo: che cosa ne pensa del sesso? «Il sesso è una nevrosi contem- poranea. È stata inventata nel secolo scorso e attribuita alle piante. È nata prima la parola omosessualità e poi eteroses- sualità. Perché è una nevrosi? Perché è una sezione della vita che ha assunto troppo potere, la parte per il tutto» E lei come suggerisce di viverla. «Io propongo di andare fino in fondo alle proprie nevrosi, di abitarle. La via del trascendere è molto violenta, disconnette da dove si è per farci immaginare di essere arrivati alla fine. Solo arrivando fino in fondo alle pro- prie perversioni uno può accor- gersi che non c'è più nulla. E in quel nulla c'è la spiritualità». I suoi anni della vecchiaia sono stati fecondi. Ha inse- gnato, si è dedicato alla for- mazione, il suo studio fioren- tino di via San Domenico è stato un crocevia di discepoli da ogni parte del mondo. La nostra società ha il terrore di invec- chiare. Ci lascia un messag- gio incoraggiante? Come si tiene giovane lo spirito? «Lo spirito non si tiene giovane, perché è giovane, non ha età. Ma occorre collegarsi con lo spirito in modo integrato. Nella nostra società, che ha il terrore di invecchiare, c'è n'è bisogno». Lei ha ancora molto da dire, oggi. È stato contento del successo che ho avuto? «Non del tutto, il mio è rimasto un percorso d'élite, che dev'es- sere ancora compreso. Ha creato seguaci più che un risve- glio». Lei se ne è andato tra molti discepoli che erano venuti a trovarla. Era il 1974. Ma ci ha lasciato una ricca eredità. Cosa c'è di veramente attuale per il momento che cui stiamo vivendo, in piena pandemia globale? «Il fattore umano. Quello che io ho portato in essere è l'unione invece della separazione, l'unio- ne delle varie dimensioni dell'uomo è quello che fa la diffe- renza nella società di oggi, digi- tale. È collegato alle varie dimensioni, compreso lo spirito. Senza, l'uomo diventerà roboti- co. Ha un rimpianto? «Ho amato molto, ma non so se ho amato davvero, se ho amato fino in fondo. Vorrei amare di più. Ho lavorato sull'incomple- tezza come forza di fuoco che ti fa andare avanti. È ancora acceso dentro di me, sono ancora vivo». 17
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